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USANZE DI ALLORA
(THE PURSUIT OF HAPPINESS)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 8 marzo 1974
 
di Robert Mulligan, con Michael Sarrazin, Barbara Hershey, Robert Klein (Stati Uniti, 1971)
Se vi piace qualcosa di diverso, che non sia necessariamente Belmondo, Volonté o Marlon Brando, se cercate qualcosa di nuovo, di fresco, se amate il rischio, assaggiate quei film di due giorni che passano ogni tanto al cinema Lux di Massagno. Ci sono due probabilità: o sono effettivamente osceni, e non hanno osato passarli nelle sale in città. O sono belli, preziosi, con il fascino di quelle ragazze acqua e sapone. Ma non avendo la chincaglieria ed il belletto che occorrono al sistema (Belmondo, Volonté o Brando, appunto) passano due giorni in periferia per la gioia di pochi fortunati. E' un rischio, ma spesso va bene: è successo con l'imprevedibile LES MALES del canadese Giles Carle, con END OF THE ROAD, con THE PRIVATE LIFE OF SHERLOCK HOLMES di Wilder, con certe riprese intelligenti.

E' successo anche, l'avrete capito, con questo Mulligan, che è un inedito abbastanza raro, l'opera precedente a quell' ESTATE DEL 42 che ha conferito una certa quale aureola ad un regista ritenuto da anni abile, diligente, ma stinto. E' successo probabilmente che Mulligan, classe 1925, a furia di tanti compitini puliti e curati, ha raggiunto una certa verità, una difficile semplicità, una delicatezza di sentimenti che solo talvolta sfocia nel romanticismo fasullo. Un modo di vedere le cose e di fare della regia un po' antiquato, ma giusto perché intelligente, fatto di quella verità alla quale si giunge solo attraverso un faticoso lavoro artigianale. Un cammino, quello di Mulligan, assai insolito per un cineasta degli anni settanta: e la grazia del suo cinema viene proprio da questa sua insolita posizione. Il mondo che vediamo attraverso lo sguardo straordinariamente limpido di Michael Sarrazin, i personaggi de film, sono sicuramente un poco schematizzati o ingenuamente idealizzati: ma sono anche dipinti con desiderio di verità, con una volontà di andare diritti al cuore di un problema, con un amore per il proprio lavoro e per i propri personaggi che conferisce alle immagini una sensibilità a tratti vibrante.

Il discorso è quello di sempre: la fuga dalla ipocrisia, dalla menzogna che regola i rapporti della nostra società. Ma è il tono che è di una verginità ritrovata, lontano dagli isterici comizi ai quali siamo abituati, dalle polemiche convulse che ci fanno perdere, poco a poco, il contatto con quella delicata semplicità che Mulligan ci riporta.


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